Buon venerdì, amici lettori. In questo fine settimana afoso, proviamo a rinfrescarvi con questa frizzante intervista ad uno degli autori che si sono aggiudicati il Premio Selezione Bancarella, Alessandro Barbaglia. Per noi è stato un piacere e un onore intervistare lo scrittore di un libro così poetico e originale, La locanda dell'ultima solitudine (qui la nostra recensione) oltre che un'esperienza molto interessante e divertente. Percìò armatevi di un buon tè freddo e gustatelo insieme alle nostre chiacchiere.
Ciao
Alessandro, oggi ti attende una chiacchierata in nostra compagnia e quando noi
iniziamo a chiacchierare non ci fermiamo più. Quindi mettiti comodo, ma non
troppo! Devi essere pronto a cogliere il momento in cui prendiamo un respiro
per inserirti e rispondere. Partiamo?
Dal tuo libro emerge che sei un osservatore
a 360°: attraverso occhi, orecchie e naso esplori il mondo che ti circonda.
Quale dei cinque sensi prevale nell’Alessandro scrittore e quale, nel caso non coincida,
nell’uomo di tutti i giorni?
Il senso che più mi piace è il
senso di meraviglia. Lo stupore. E quello passa da tutte le parti: si intrufola
negli occhi, nel naso, sotto la pelle… è più di un sesto senso, è un senso di
necessità.
Sui cinque sensi, invece, sono
scarso… sono miope, ho un olfatto ridicolo, non distinguo i gusti al palato e
non credo di avere un tatto degno di nota. I pianisti lo hanno, un tatto degno
di nota, io no. Credo di avere un buon udito, però. Certe mattine sento l’alba
tirare i raggi di sole contro la mia finestra come sassolini, per svegliarmi. E
quando la sento entrare dalla finestra, l’alba, la caccio sempre fuori. “Entra
dalla porta come tutti” le dico. E sento che senza il senso della meraviglia
sarei perso. E tutto perderebbe senso.
Nel tuo libro, Viola accorda i fiori e tu
come libraio accordi i libri facendoli arrivare nelle mani del lettore giusto.
Chi immagini possa essere il lettore adatto a te, alla tua Locanda?
E’ molto difficile, per me, che
il libraio lo faccio davvero, parlare del mio libro, ai miei lettori nella mia
libreria. Mi sembra di fare un dispetto a tutti i libri che amo, agli autori
che adoro, ai capolavori che davvero hanno un posto nella storia della
letteratura. Cerco di non farlo, difficilmente propongo il mio libro, spero che
sia lui a proporsi da solo, per le vie infinite e strane che seguono i libri
per raggiungere i lettori, o che siano i lettori a chiedere direttamente a lui,
al libro, informazioni su di sé. Io poi sono sempre felice di palarne perché
“la Locanda dell’Ultima Solitudine” è una storia a cui sono affezionato come a
un respiro lungo dopo la corsa. Credo che i lettori a cui piace fare le
capriole tra le parole, alla Locanda dell’Ultima Solitudine, potrebbero anche
sentirsi a casa. Ci vuole un po’ di agilità, per far capriole, ma niente è più
divertente se hai un prato e una giornata di sole. La mia storia porta prato e
sole: le capriole le lascio a chi ha voglia di provare a farle.
Libero è un uomo che attende. E tu? Sei come
lui o sei un occupato impaziente? Come ti poni di fronte alle attese? (Non
accettiamo “di fronte” come risposta)
Le attese sono fatte della stessa
natura dei sogni. Io le adoro. Ci dormo anche dentro, nelle attese, nei sogni.
Attendo. Non deludono mai, le attese, perché non sono aspettative. Chi aspetta
vive sul confine sottile di cadere nelle aspettative, ma chi attende, in
realtà, tende a qualcosa. E se tendi a qualcosa, se attendi, ciò che stai
attendendo fa già parte del tuo presente, è già qui: lo stai costruendo nella
tensione costruttiva che c’è nell’attesa.
Mi piace attendere. A volte guardo la mia pianta di limone attendendone
i fiori. E potrei guardarla per giorni. Quel fiore c’è già. E io lo so.
Nell’epoca della posta elettronica e dell’instant
messaging tu racconti di una ragazza che scrive lunghe lettere al padre
raccontandogli le sue giornate. Ti confessiamo di essere nostalgiche di carta e
penna (io, la Bacci, da brava anziana, scrivo sempre tutto prima su carta e poi
passo al computer). Tu ami scrivere a mano?
Ho una grafia fatta di spigoli.
Quasi incomprensibile, a volte. Difficilmente scrivo le storie a mano, ma gli
appunti su cui le costruisco: sì. Appunti, riflessioni, battute, ipotesi,
nascono dalla scrittura a mano. E a matita. Non riesco a scrivere con la penna,
uno più spesso la matita. Perché scrive in tutte le condizioni, anche a testa
in giù, e a volte ti chiede una pausa: va temperata. Mi sembra che sia una
compagna di storie più viva, la matita, rispetto alla penna.
La Locanda serve un piatto particolare, le
“perle di patata” – chi ha già letto il libro saprà di cosa parliamo, chi non
lo sa ha due opzioni: leggere il libro o pranzare alla Locanda - Le tue perle, oggi che sapore hanno?
Bisogna andarci davvero a cena, o
a pranzo, alla Locanda, perché le perle vanno provate. Davvero. Hanno la forma
della luna piena, il colore della luna piena, e il sapore della luna piena.
Qual è il sapore? Va immaginato! Io immagino che oggi le mie perle, perché vado
a pranzo lì, tra poco, sapranno di silenzio. Hai presente il gusto buono del
silenzio? Non voglio sentire niente, nemmeno le onde del mare. Di secondo
invece le prenderò al gusto di quando avevo dieci anni ed era la vigilia di
Natale. Così, le voglio di quel sapore lì. Sarà un pranzo molto rilassante.
Per restare in tema di sapori, ti poniamo
una domanda trita e ritrita, buona per il soffritto, una di quelle domande che
non ti fa mai nessuno: da cosa nasce la tua passione per i giochi di parole? Se
questa domanda non ti dovesse piacere, puoi sempre darci la tua ricetta del
soffritto…
Insomma… so fritto. Amo le
parole. Da bambino giocavo con i mattoncini lego. Facevo castelli bellissimi.
Poi ho scoperto le parole. Faccio con le parole quello che facevo con i Lego.
Gioco. Le parole hanno molte più potenzialità e costano meno dei Lego. Insomma, gioco con le parole perché i lego
costano troppo. Poi c’è anche una ragione più seria: le parole non esistono.
Pensate alla parola “LA” non esiste. Pensate alla parola “CASA” è inutile. Ma
poi fatele giocare tra loro, unitele in un gioco e avrete “LA CASA”. E la casa
è già una storia. Solo facendo giocare le parole tra loro nascono le storie. Se
no sono solo fantasmi di idee non nostre. Giocare con le parole è così bello
che se vuoi poi anche riscrivere le
regole. Sono fatte di parole anche loro!
Spostiamoci dalla tua figura di scrittore
per parlare del libraio: Come sei diventato libraio? E che effetto ti fa
“venderti”?
Sono diventato libraio per la
stessa ragione per cui chi ama la pizza vorrebbe fare il pizzaiolo: perché
pensa che potrà mangiare pizza tutti i giorni. Per anni ho fatto il giornalista
perché avevo bisogno di scrivere tanto, tutti i giorni, sempre, ossessivamente.
Ed è stato così per sei anni. Poi ho pensato che avevo bisogno di leggere.
Tanto. Ossessivamente. Tutti i minuti. E così (e anche perché il mio giornale
ha chioso…) ho iniziato a fare il libraio.
Vendermi mi fa sempre un effetto strano. E’ come fare una pizza e
portarla al tavolo a persone che ami (va a finire che ami tutti i tuoi
lettori): speri di aver fatto una pizza buona. Una pizza che piacerà. Qualcosa
che darà gusto, sapore, e sarà digerita bene. E’ sempre un’emozione difficile
da dominare, c’è sempre un po’ di ansia. Perché chi compra il mio libro, in quel
momento, ad esempio, non sta comprando un capolavoro infinito. Ed è una bella
responsabilità, per un libraio, quando vede accadere una cosa così.
Ora una domanda impertinente: quale tipo di
lettore, quando varca la soglia della libreria, ti fa provare l’impellente
bisogno di sistemare tuuuuuutto lo scaffale in fondo, quello più nascosto di
tutta la libreria?
Adoro i lettori che ti fanno impazzire. Quelli che ti
snervano, quelli a cui dovresti fatturare, all’uscita, anche la seduta di
psicoterapia a cui ti hanno chiesto di assistere, o l’ora di ascolto che hai
dedicato loro. Li adoro perché sono i lettori. E i lettori sono tutti pazzi:
gente che vede storie nelle proprie teste, sente le prole nel proprio animo,
crede nella lettura come possibilità di salvezza e di cambiamento per il mondo.
Come si può non amare dei pazzi così meravigliosi? E quando entrano, lo so, sarà una battaglia. Una
battaglia che siamo già combattendo insieme: quella per far vincere le storie.
L’unico modo che abbiamo di raccontarci. Evolverci. Spostare un po’ più in là
la fine del mondo: leggere.
Qual è il libro (o i libri) che ti
definisce (definiscono) come lettore?
Le fiabe. Le fiabe dei Grimm di
Perrault, Andersen, tutte le fiabe raccolte da Calvino nelle Fiabe Italiane,
quelle di Salvatore Basile, le fiabe delle mille e una Notte, le fiabe delle
tradizioni nordiche. Le fiabe. Io sono un lettore di fiabe. Di fiabe e di Dino
Buzzati.
E per finire, c’è una domanda alla quale
avresti voluto rispondere e che ancora non ti è stata posta?
Sì. Aspetto da sempre che mi
chiedano se ho un bosco. E la risposta è sì. Sì: ho un bosco. Ma non me lo
chiede mai nessuno. Chissà perché. Io è la prima cosa che chiederei a uno
sconosciuto: scusi ma lei ha un bosco? E se ti dicono no, io, non so se vorrei
conoscerlo di più. Perché dovremmo averlo tutti un bosco. Non sarebbe bello?
Ebbene? Non è stata un'esperienza fantastica sentire inanellare tutte queste parole a formare una collana di idee? E noi vorremmo indossarla, mentre mangiamo una pizza in mezzo al "nostro" bosco, quello che avremo quando ad Alessandro ne avanzerà uno, perché ce l'ha promesso!
Non possiamo che ringraziarlo per la sua disponibilità e gentilezza e dargli appuntamento al 16 luglio a Pontremoli per conoscere finalmente il titolo vincitore del Premio Bancarella.
E grazie a voi lettori che ci avete dedicato il vostro tempo.
stupenda! Bravissimi tutti
RispondiEliminaProprio una bella intervista, devo leggere il romanzo, è ancora sul comodino che aspetta!
RispondiEliminaGrazie Tessa, questa è un'anteprima dello stile che troverai tra le sue pagine ;)
EliminaIl romanzo non mi ha fatto impazzire, ma è una bellissima intervista e lui proprio un bel tipo (e secondo me, non per tirargli i piedi, vince pure).
RispondiEliminaGrazie Mick, Alessandro è veramente un personaggio!
EliminaIl 16 luglio vedremo se ci hai azzeccato ;)
Ciao,
RispondiEliminaavevate proprio ragione, l'intervista non mi ha delusa.
Sarà per come avete posto le domande, oppure perchè l'intervista m'è quasi sembrata la prosecuzione del bellissimo romanzo, quasi fossimo realmente seduti alla Locanda, gustando le perle e parlando di fiabe - sospesi nel tempo...
Anche se ora, dopo aver letto l'autore coreano...
Ebbene... Buon fine settimana, Marina
In effetti Alessandro ha saputo, con le sue risposte, condurci fin dentro la locanda a chiacchierare, in attesa di gustare le sue perle.
EliminaBuon fine settimana a te
Bellissima intervista
RispondiEliminaGrazie Patrizia, Alessandro è magico!
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